Composta nel 1964, dal Principe della risata Totò, “A livella”, è una poesia che attraverso l’ironia del monumentale comico napoletano, ci fa riflettere su cosa siamo realmente davanti alla morte.
Le prime strofe
“A livella” che non è altro che un mero strumento usato dai muratori per “livellare”, “mettere sullo stesso piano”, è composta da 104 versi, tutti endecasillabi in rime alternate, ripartiti in ventisei strofe.
Ogn’anno, il due novembre, c’é l’usanza
Per i defunti andare al Cimitero
Ognuno ll’adda fà chesta crianza
Ognuno adda tené chistu penziero
Ogn’anno, puntualmente, in questo giorno
Di questa triste e mesta ricorrenza
Anch’io ci vado, e con dei fiori adorno
Il loculo marmoreo ‘e zi’ Vicenza……
Totò l’ha scritta poco per volta, annotando i primi versi sui pacchetti delle sigarette, tra una ripresa e l’altra dei film e una volta tornato in camerino, annotava tutto su un taccuino.
L’ispirazione
Originario del Rione Sanità a Napoli, il Totò bambino, al secolo Antonio De Curtis, giocava a nascondino tra le vie del suo quartiere e nelle Catacombe di San Gaudioso, proprio vicino alla chiesa dove faceva il chierichetto.
Ebbene, nei cunicoli delle catacombe si trovava un affresco di Giovanni Balducci raffigurante uno scheletro. L’immagine in quesitone rappresentava la natura effimera dei beni mondani, che cessano di avere senso di fronte al potere della morte, che per l’appunto è una livella.
Siamo tutti uguali davanti alla morte, che siamo stati re o garzoni, presidenti o operai. Questo è il senso della poesia di Totò, una storia che racconta un fatto, ‘navventura. Dopo di aver compiuto il triste omaggio, Madonna, si ce penzo, e che paura!
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